La prima DONNA a PROGRAMMARE un COMPUTER - Ada Lovelace

LA FIGLIA NON VOLUTA

È il 10 dicembre del 1835 e Augusta Ada Byron, la futura Ada Lovelace, compie vent’anni, e le viene finalmente permesso dalla madre di vedere il ritratto di famiglia di suo padre, il grandioso poeta romantico Lord Byron.

                    

Ada è nata dal poeta, ma da lui viene anche abbandonata. Lord Byron sognava un maschio, un “figlio glorioso” che avrebbe ereditato la volontà di suo padre. Anche il matrimonio per lui era solo una farsa, e così dopo soli 37 giorni dalla sua nascita affida Ada alla madre Anne Isabella Noel, Lady Byron, e intima a quest’ultima di andarsene e di tornare a vivere dalla sua famiglia, lontano da lui.

Nell’Inghilterra del 1800 la custodia del figlio in caso di separazione dei genitori veniva affidata automaticamente al padre, ma Byron non ci prova neanche ad esercitare i suoi diritti, non gli interessa. Si limita a chiedere a sua sorella di tenerlo informato, di quando in quando, della salute e del benessere della bambina.

Qualche giorno più tardi, sommerso dai debiti e perseguitato da scandali, voci di incesto e di tradimenti, Byron lascia per sempre l’Inghilterra e si trasferisce in Svizzera, poi girerà l’Italia e la Grecia, dove morirà qualche anno più tardi senza vedere mai più né Ada né sua moglie.

Isabella, Lady Byron, sviluppa per lui un odio profondo e instaura un rapporto freddo e distante anche con la figlia: le vieta di vedere immagini del padre e di parlarne, finge di essere una madre premurosa solo per non fare brutta figura in società e per non rischiare di perdere l’affido.

In una lettera a sua madre, la nonna di Ada, a cui la bambina viene lasciata, Lady Byron si riferisce alla figlia con il pronome “it”, neutro, lo stesso che si usa per gli oggetti e per gli animali

Scrive:

“I talk to it for your satisfacion, not my own, and shall be very glad when you have it under your own” 

“Parlo con essa per far piacere a te, non a me stessa, e sarò molto contenta quando te ne occuperai tu”

 

 

LA LOGICA E LA FOLLIA

Un’altra delle manie di Lady Byron è quella di estirpare da Ada il seme della follia e della perversione lasciatole, a suo modo di vedere, dal padre.

La ragazzina viene tenuta costantemente sotto controllo da amici della madre pronti a individuare in lei ogni minimo accenno di comportamenti immorali.

E poi, la matematica. Nel tentativo di renderla quanto più diversa e opposta al padre, il poeta e letterato romantico, l’uomo delle passioni e delle parole, Isabella impone alla figlia un’educazione basata sullo studio delle scienze, della matematica, della tecnica, della logica ferrea. La fa seguire da tutori e insegnanti di altissimo livello tra cui Augustus De Morgan.

                                            

Ada è una ragazzina sveglia, curiosa, con una scintilla di creatività che sembra difficile da spegnere. Quando ha all’incirca diciassette anni il suo talento per la matematica emerge in modo prepotente. È sempre più veloce nei calcoli, sempre più profonda, sempre più intuitiva.

Ma c’è qualcosa in lei che sfida l’educazione rigida che la madre da lontano vuole imporle, quasi come se quel seme di follia si rifiutasse di venire schiacciato: è impertinente, sagace, è attratta dalla figura misteriosa di suo padre, morto ormai da anni, su cui cerca in ogni modo di informarsi.

Legge di filosofia e di metafisica, ama la poesia e, nonostante gli studi tecnici, il suo approccio alla matematica è basato sull’immaginazione.

Mentre impara il calcolo differenziale scrive al suo maestro, De Morgan, che a volte le sembra che le formule matematiche e le loro trasformazioni siano come gli spiriti e le fate di cui si legge nei poemi.

 

 

LA MALATTIA E IL VOLO

Fin da quando è una bambina, Ada è spesso malata e ha una salute fragile: già a otto anni soffre di crisi di un’emicrania incredibile che arriva a oscurarle la vista. A quattrodici anni prende una forma estremamente grave di morbillo. Sopravvive, ma rimane quasi paralizzata, ed è costretta a letto per quasi un anno intero. Torna a camminare, ma ha bisogno di stampelle che la sorreggano ad ogni passo.

Nonostante tutto, non smette mai di studiare e di affinarsi. Non smette mai di sognare.

Uno dei suoi sogni è quello che condivide, almeno una volta, ogni bambino: volare. Ma Ada non è una bambina qualsiasi, lei vuole volare davvero. Nel 1828, quando ha solo 13 anni, costruisce un paio di ali meccaniche studiando l’anatomia degli uccelli e sperimentando forme, dimensioni e materiali. Scrive anche un libro, “Flyology”, “Volologia” e arriva alla conclusione che ci vorrebbe un qualche motore a vapore per sollevarsi da terra. Alla fine fallisce e abbandona il progetto. Forse è troppo ambizioso, almeno per quell’epoca!

I suoi interessi spaziano in ogni campo delle scienze del tempo, compresa la frenologia, la teoria ormai considerata pseudoscientifica che ha fatto in qualche modo da apripista per le moderne neuroscienze

                                         

Ada vuole riuscire a descrivere matematicamente il processo cognitivo con il quale il cervello origina i pensieri, lo chiama, “calcolo del sistema nervoso”. Ma, anche in questo caso, fallisce.

Come vedremo, il suo vero contributo al mondo della scienza sarà in un altro campo.

 

 

LA VITA RIBELLE

Nel 1833, quando di anni ne ha diciotto, il carattere esuberante di Ada la mette per la prima volta nei guai. La prima, ma non certo l’ultima: viene scoperta ad avere una relazione con uno dei suoi tutori, e lo scandalo pubblico viene evitato per un soffio dalla madre e dai suoi amici, che riescono a mettere tutto a tacere.

Diventa presto un volto noto a corte: è invitata a feste ed eventi, balla e seduce, viene descritta come una ragazza graziosa e delicata, brillante, che non passa inosservata.

Si sposa con il barone William King e diventa quindi Lady King, poi Contessa di Lovelace. Da lì il nome, Ada Lovelace.

Insieme a King hanno una figlia che Ada chiama come la madre, Anne Isabella, e due figli a cui dà il nome di Byron e Ralph Gordon, i nomi di suo padre.

Ma il matrimonio non le basta, e ben presto le voci sui suoi innumerevoli amanti cominciano a rincorrerla, e un altro demone entra nella sua vita: il gioco d’azzardo.

Ada punta sui cavalli, negli anni intorno al 1840 si dice che arrivi a perdere oltre 3000 sterline, una fortuna incredibile per il tempo, e mette in piedi una sorta di organizzazione con alcuni suoi amici, con l’aiuto dei quali cerca di definire un modello matematico per vincere scommesse enormi.

Ma il suo modello non funziona, perde tutti i soldi che si è fatta prestare ed è costretta a rivelare il tutto al marito, il barone King, che ripaga tutto.

 

 

LA MACCHINA DEI CALCOLI

La vita sregolata, gli eccessi, i vizi, non fermano mai il lavoro di Ada, la sua mente straordinaria, il suo contributo.

La svolta avviene nel 1833, grazie all’incontro con un altro uomo altrettanto straordinario, Charles Babbage.

Babbage è un ingegnere, un matematico a sua volta, un inventore, un filosofo. Quando incontra Ada tramite un’amica comune ne rimane affascinato, la invita a vedere il prototipo di macchina differenziale che aveva costruito anche grazie a fondi del governo, un aggeggio meccanico enorme, complesso e costosissimo per tabulare funzioni polinomiali.

Quando vede quella macchina Ada rimane senza parole. Da allora, cerca ogni scusa possibile per vedere Babbage e lavorare con lui. Passano le giornate discutendo principi matematici, camminando sulla terrazza della tenuta Worthy, nel Somerset. In onore di quegli incontri, parte della terrazza viene chiamata “Philosopher’s Walk”, “la camminata dei filosofi”.

Charles la adora, è impressionato dal suo intelletto e dalle sue capacità, comincia a chiamarla “l’incantatrice dei numeri”.

Tra il 1842 e il 1843 Ada traduce un articolo del matematico italiano Luigi Menabrea (che tra l’altro divenne anche Primo Ministro d’Italia nel 1867), sul progetto di una nuova macchina di Babbage, il motore analitico o macchina analitica, che a differenza della macchina differenziale avrebbe potuto svolgere anche compiti generici, elaborare delle sorte di ragionamenti, essere programmata.

La macchina che Babbage ha immaginato e descritto per la prima volta nel 1837 è digitale, ha un sistema di input basato su schede perforate, un elaboratore centrale di dati in grado di eseguire calcoli, una memoria, un sistema di output con stampatore, un linguaggio di programmazione, un alimentatore a motore, in questo caso a vapore, come le ali che voleva creare Ada da bambina.

Ti ricorda qualcosa? Sì, è un computer.

Babbage è il primo a immaginare un computer. Ed è perfettamente consapevole della portata del suo progetto. Nella sua autobiografia scrive:

“Quando la macchina analitica verrà realizzata, guiderà necessariamente lo sviluppo futuro della scienza.”

 

Ma torniamo all’articolo di Menabrea che Ada aveva tradotto: mentre traduce il lavoro dell’italiano, l’incantatrice dei numeri comincia ad aggiungere note su note, esempi concreti di utilizzo e applicazione, suoi ragionamenti, aggiunte. Vuole spiegare il lavoro di Babbage, renderlo comprensibile per tutti gli scienziati del Regno Unito. E di fatto scrive un trattato dall’importanza storica e scientifica incalcolabile. Si lancia anche in idee controverse, come il rifiuto del concetto di intelligenza artificiale, che reputa irrealizzabile. Nessuna macchina potrà mai fare qualcosa che vada oltre la conoscenza di chi la programma, secondo la sua visione.

La risposta del mondo scientifico al lavoro di traduzione, commento, divulgazione e ragionamento scientifico di Ada è entusiasta, e lei riceve i complimenti e il supporto, tra gli altri, di Michael Faraday.

Ma tra le note scritte da Ada, che finiscono per essere più di tre volte più lunghe dell’articolo originale, c’è qualcosa di ancora più incredibile. La Contessa di Lovelace a un certo punto descrive un algoritmo per calcolare, tramite la macchina analitica di Babbage, la sequenza di numeri di Bernoulli.

 

Sebbene ci sia chi critica questa definizione, sostenendo che alcuni lavori precedenti di Babbage potrebbero rubare questo primato, l’algoritmo di Ada viene definito ancora oggi il primo programma per computer della storia. Un programma per un computer che non era mai nemmeno stato costruito.

Ed è stato provato che, se la macchina fosse stata assemblata e il programma implementato esattamente secondo le indicazioni di Ada, avrebbe funzionato alla perfezione.

Non solo, nei suoi scritti Ada realizza e descrive le potenzialità future della macchina, arrivando a prevedere la possibilità di riprodurre e creare musica e qualunque altra forma di rappresentazione.

L’intuizione, il ragionamento, l’immaginazione di Ada arrivano a comprendere e prevedere, cento anni prima di chiunque altro, prima anche di Babbage, che quella macchina la aveva inventata, che il calcolatore avrebbe potuto processare e manipolare non solo numeri, ma anche simboli, lettere, note, entità, rappresentazioni… qualsiasi cosa, se definita in modo formale e diretta da regole precise.

Nella mente di Ada avviene il passaggio dal concetto di calcolo a quello di computazione.

Il mondo di oggi, si basa su questo.

 

 

LA CONFESSIONE E LA FINE

Perseguitata dalla sua salute per tutta la vita, Ada alla fine si ammala di cancro. Un tumore all’utero che la divora per mesi. Le cure mediche del tempo prevedono salassi con sanguisughe che, in realtà, la indeboliscono ancora di più.

Sua madre rientra prepotentemente nella sua vita, decide lei chi è concesso ad Ada di vedere, taglia fuori tutti gli amici, le amiche, gli amanti, gli scienziati. Non può vederla neanche Charles Babbage per parlare della loro macchina o della matematica, non può vederla quasi più nessuno.

Ada, nella solitudine della sua stanza, distrutta dal male che le cresce dentro, cambia o, forse, viene cambiata. Ritrova la religione, si abbandona alla volontà della madre e accetta, forse tramite coercizione, di ripudiare la sua condotta di vita, definita immorale.

Il 30 agosto del 1852 fa chiamare suo marito, lo lascia avvicinare al letto e gli confessa qualcosa all’orecchio.

Nessuno sa che cosa gli abbia rivelato, che cosa gli abbia detto, quale peso si sia tolta dalla coscienza. Il barone King uscirà da quella stanza e non si guarderà più indietro. Non si parleranno mai più.

Il 27 novembre di quello stesso anno Ada Lovelace muore.

Viene sepolta, come aveva lasciato scritto, vicino a suo padre, Lord Byron, che non aveva mai conosciuto.

 

La sua eredità, la sua genialità, la sua personalità, la sua visione, sono state forze irresistibili, che nessuna madre manipolatrice, nessun padre assente, nessun vizio o sregolatezza sono stati in grado di fermare.

 

 

 

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