Le INTELLIGENZE MULTIPLE… esistono davvero?

 

“Ognuno è un genio, ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi, passerà tutta la vita a credersi stupido”

Questa citazione, erroneamente attribuita al fisico tedesco Albert Einstein, si trova in moltissime vignette, post su Facebook e blog di ogni tipo.

La frase sembra ragionevole, d’altronde non si può negare l’incredibile diversità che caratterizza ogni singolo membro della specie umana … ma bisogna fare attenzione a non estremizzare questi concetti o si rischia di sfociare, anche se in buona fede, in teorie non proprio scientifiche…

Succede proprio così quando parliamo di intelligenza: nel sentire comune ormai diamo per scontato che di intelligenze non ne esistano solo una o due, ma molte diverse e che ognuno di noi ne abbia almeno una sviluppata, che coincide con il proprio talento, la propria predisposizione, la propria abilità.

Come sempre accade, non è così semplice.

In fondo è vero, non si può giudicare un pesce da come si arrampica… ma una scimmia sì però!

E allora arrampichiamoci su quest’albero impervio e cominciamo ad esplorare un concetto usato e abusato: l’ipotesi delle intelligenze multiple.

 

Tra l’altro questo articolo completa una sorta di trittico di articoli e video sull’intelligenza che abbiamo realizzato sul blog e sul mio canale YouTube. Prima abbiamo esplorato il QI, poi abbiamo parlato di intelligenza emotiva e ora chiudiamo con le intelligenze multiple!

Ah e, come sempre con questi articoli, trovate linkate sotto tutte le fonti principali che ho usato.

Bando alle ciance, iniziamo!

 

 

CHE COSA SONO LE INTELLIGENZE MULTIPLE?

La teoria delle intelligenze multiple è stata proposta negli anni ‘80 dallo psicologo statunitense Howard Gardner. Gardner è partito dall’assunto che l’intelligenza non possa essere un fattore unitario misurabile attraverso il “Quoziente d’Intelligenza”, il famoso QI o IQ, per dirlo all’inglese, ma piuttosto un concetto dinamico, diversificato, con troppe sfaccettature per essere definito in maniera univoca.

Un intento di sicuro nobile, che vuole rendere giustizia all’enorme varietà di modi di pensare, sentire e agire che caratterizza gli esseri umani.

Prima di capire quali caratteristiche ostacolano l’applicazione pratica di questa teoria, però, facciamo una carrellata di queste sette intelligenze descritte da Gardner, a cui successivamente ne sono state aggiunte altre due, come vedremo…

 

  • Intelligenza logico-matematica

Non ha bisogno di particolari presentazioni: si tratta dell’abilità nel riconoscere modelli astratti, discernere relazioni e connessioni tra vari argomenti, saper svolgere calcoli complessi, applicare il metodo scientifico, il ragionamento logico-deduttivo e, se vogliamo, avere un amore sfrenato per l’investigazione.

 

  • Intelligenza linguistico-verbale

Anche qui, non è difficile capire che ci riferiamo all’efficacia nell’utilizzo delle parole, sia nella lingua parlata che in quella scritta. Manipolare la sintassi, scegliere le parole giuste, padroneggiare la struttura linguistica e tutte le sue implicazioni semantiche.

 

  • Intelligenza cinestetica

Le caratteristiche principali di questo tipo di intelligenza sono la naturalezza con cui si usa il proprio corpo, la coordinazione, la flessibilità e le abilità fisiche in generale.

 

  • Intelligenza visivo-spaziale

Forte senso dell’orientamento, capacità di visualizzazione mentale, memoria visiva, … tutto ciò che ha a che fare con la percezione visiva dello spazio circostante.

 

E già qui iniziamo ad accorgerci di come tracciare la linea di confine tra alcune di queste intelligenze (per esempio tra questa e la precedente) possa diventare piuttosto problematico. Ma andiamo avanti con l’elenco!

 

  • Intelligenza musicale

La facilità nel distinguere con precisione l’altezza dei suoni, timbri e ritmi, discriminare, trasformare ed esprimere le forme musicali.

 

  • Intelligenza intrapersonale

Su questo punto andiamo ad intersecarci con un altro concetto, quello di “intelligenza emotiva”, su cui, come vi dicevo ho già scritto un articolo che, se avete letto, vi farà intuire quali criticità sorgono (ancora di più) nella teoria di Gardner … e se non l’avete letto, fatelo non appena finite con questo!

 

  • Intelligenza interpersonale

Il sesto tipo di intelligenza, così come anche il settimo, l’“intelligenza interpersonale” hanno entrambi a che fare con la gestione emotiva.

La prima, quella intrapersonale, consiste nel riconoscere i propri sentimenti e saper agire in maniera coerente con essi. La seconda è invece caratterizzata dall’interpretazione degli stati d’animo, motivazioni e intenzioni altrui.

 

Non vi descrivo nemmeno le ultime due aggiunte più di recente, quella naturalistica e quella filosofico-esistenziale, perché oggi non ho proprio voglia di inca**armi. Vi sarà tutto più chiaro tra qualche minuto!

 

 

COME E PERCHÉ SI SONO DIFFUSE

Vi spoilero/anticipo già che, nonostante Gardner avesse reso pubblica la sua teoria già nel 1983, i primi studi empirici per testarla sono stati fatti soltanto 23 anni dopo, nel 2006, da Visser e colleghi, e i risultati … non furono molto promettenti, per dirla in modo garbato!

Ma allora perché questa ipotesi è diventata così famosa? Come mai esistono decine di insegnanti che la mettono in pratica e la gente continua a parlarne? Perché nel sentire comune è diventata lo standard di riferimento?

Beh, perché l’idea che esistano vari tipi di intelligenza, diversi e indipendenti l’uno dall’altro, è rassicurante, implica che tutti, in un modo o nell’altro, siamo intelligenti a modo nostro.

È talmente viscerale la sensazione di diversità e di unicità che proviamo rispetto agli altri che è quasi impossibile per un essere umano concepire che in realtà tra me e voi non c’è quasi nessuna differenza. Siamo la stessa cosa, siamo incredibilmente più uguali di quanto non siamo diversi e per quanto possa essere rassicurante, piacevole, intuitiva, desiderabile, l’idea che l’intelligenza sia ultrasfaccettata, semplicemente, non regge alla prova dei fatti.

È un discorso simile a quello che ho fatto nel mio articolo sugli stili di apprendimento, i quali non sono altro che un tentativo di “classificare” gli studenti in base alle loro preferenze, capacità e inclinazioni nello studio e di capire come queste modalità vadano valorizzate o sfruttate per ottenere migliori risultati, ma che poi, di fatto, si scontrano con dei grossi limiti applicativi

E come in quel caso, anche in questo delle intelligenze multiple sono sicuro che qualsiasi educatore, genitore o insegnante sia in buona fede nel proporle. Io stesso vorrei con tutto me stesso che esistessero evidenze scientifiche solide a supporto di questa teoria.

Ma, ahimè, non è così. Si tratta di pseudoscienza per quello che sappiamo, e nelle facoltà di scienze cognitive oggi non è quasi mai nemmeno presa in considerazione.

 

 

IL PROBLEMA DI FONDO

Se volete una critica rigorosa, completa ed esaustiva della teoria delle intelligenze multiple, vi invito a leggere la review della neuroscienziata cognitiva Lynn Waterhouse di cui vi lascio il link sotto!

Io mi limiterò ad esporvi i principali punti critici della teoria spiegandovi perché diventa pressoché inutilizzabile dal punto di vista pratico.

Prima di tutto, c’è da dire che Gardner non è stato chiarissimo nell’illustrare le modalità di valutazione e individuazione di tutte queste intelligenze, complicando la vita ai poveri ricercatori che si sono ingegnati per farlo nella maniera più precisa e scrupolosa possibile. Non ci ha reso la vita facile, ecco.

La stragrande maggioranza degli studi a riguardo ha riscontrato una fortissima inter-correlazione tra i vari tipi di intelligenza, a dimostrare come sia praticamente impossibile considerarle appartenenti ad aree specifiche e slegate tra di loro. Insomma, sono tutte correlate.

Le varie forme di competenza intellettuale si influenzano costantemente tra di loro, e questo è dovuto anche alla struttura stessa del nostro cervello, le cui varie parti sono in perenne comunicazione tra di loro: non esiste un’area che da sola si occupi di funzioni cognitive complesse come la produzione linguistica o l’interazione sociale. Tantissimi gruppi di neuroni lavorano insieme e si condizionano a vicenda, in un intricatissimo flusso di impulsi elettrici.

A tal proposito, vi lascio sotto il link di un altro studio neuroscientifico del 2015 che è andato ad analizzare un’attività tremendamente complessa come la lettura, che tra l’altro su questo blog ci interessa particolarmente.

Questo per sottolineare, ancora una volta, quanto il QI sia comunque un valore più rilevante e scientificamente accurato, per quanto non privo di problemi anch’esso. Vi invito, nel caso, ad approfondire recuperando il mio articolo sull’intelligenza in cui sono sceso molto nel dettaglio.

 

Attenzione però: questo discorso non ha lo scopo di negare l’esistenza di qualità personali come ad esempio la tenacia, il senso di responsabilità, le capacità atletiche o le abilità sociali. Ma si tratta, appunto, di “abilità”, in inglese “skills”. Spingendosi un po’ oltre possiamo definirlo “talento”, “predisposizione”, è questa la parola che usiamo per descrivere quanto una persona sia in grado di applicare le proprie capacità e conoscenze in un’area specifica della propria vita.

Quello che però non si può fare è considerare ogni singolo talento o qualità come un’“intelligenza” distinta e separata da tutto il resto. Il problema, come per l’intelligenza emotiva, sta proprio nella definizione. Non si può abusare della parola intelligenza e chiamarla in causa ogni qualvolta si ritiene che una data caratteristica sia più speciale delle altre, perché si rischia soltanto di creare più confusione di quanto non ci sia già intorno a questo tema.

In sostanza, quello che è successo è che nel discorso comune abbiamo cominciato a definire “intelligenza” qualunque caratteristica o manifestazione dell’agire umano che valutiamo come preziosa ed efficace. Ma questo è un errore metodologico grosso come una casa. Se allarghi troppo una definizione, smette di avere un significato. Se ci pensate, possiamo sostituire nel linguaggio comune “intelligenza” con “qualità positiva” e il significato resta esattamente lo stesso. Purtroppo.

 

 

Abbiamo quindi capito quanto sia importante definire in maniera chiara, precisa e misurabile cosa si intende per “intelligenza”, non confondendola con il concetto di “abilità” o idee con cui possono esserci dei punti in comune.

Quando si parla di questi temi bisogna sempre fare estrema attenzione alle parole, valutare con occhio critico e distaccato senza farsi trasportare da ciò che VORREMMO fosse vero, e cercare di capire cosa dice DAVVERO la letteratura scientifica, in modo da applicare solo i principi che faranno la differenza nello studio, nell’apprendimento in generale, e anche nella valutazione.

 

E voi? Avevate già sentito parlare della teoria delle intelligenze multiple di Gardner, o qualche altra idea controversa riguardo l’intelligenza? Fatemelo sapere, raccontatemi le vostre esperienze e esprimete la vostra opinione!


 

 FONTI

https://www.researchgate.net/publication/255061722_Multiple_Intelligences_the_Mozart_Effect_and_Emotional_Intelligence_A_Critical_Review  

https://www.psychologytoday.com/us/blog/unique-everybody-else/201311/the-illusory-theory-multiple-intelligences 

https://files.eric.ed.gov/fulltext/EJ1088308.pdf 

https://www.researchgate.net/publication/292956824_The_trouble_with_multiple_intelligences 

https://www.researchgate.net/publication/336613141_Multiple_Intelligences_and_pseudo---science 

https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fnhum.2015.00058/full 

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