Fare SCHEMI ha DAVVERO SENSO?

La questione degli schemi è da sempre al centro delle discussioni riguardanti il metodo di studio.

C’è chi dice che gli schemi non servono a niente, chi dice che uno stile particolare di schema sia il migliore in assoluto, chi inventa dei nuovi stili e chi millanta di averli inventati, ma il punto rimane.

Serve schematizzare? Come? Quanto? Quando? In che modo?

 

Se mi seguite da un po’ sapete che io ritengo la schematizzazione un elemento fondamentale dello studio, ma ultimamente ho ricevuto molte domande in merito e anche qualche critica, ed è giusto affrontare la questione e andare a fondo.

Dobbiamo assolutamente fare chiarezza e allora oggi, in questo articolo, capiamo perché valga la pena schematizzare e come farlo!

 

Per prima cosa vi spiego come sarà strutturato l’articolo.

Risponderò a 6 domande, che ho trasformato in altrettanti punti di analisi:

  • Che cos’è uno schema?
  • A cosa serve uno schema?
  • A cosa non serve uno schema?
  • Lo schema è meglio o peggio di altre tecniche e metodologie di studio?
  • Qual è lo schema perfetto?
  • Quando e come ha senso schematizzare?

Non perdiamo un secondo di più e buttiamoci nella mischia!

 

 

CHE COS’È UNO SCHEMA

Uno schema è una rappresentazione personale che fonde parole chiave, dettagli tecnici, grafica e disegno in una struttura gerarchica organizzata che sintetizza il contenuto informativo delle fonti di studio.

Lo so, lo so, è una definizione complicata, lunga e verbosa… e allora analizziamola un pezzetto per volta.

 

Per prima cosa lo schema è una rappresentazione personale, quindi è qualcosa che trasforma la conoscenza e la rappresenta mettendo al centro il proprio modo personale di interpretarla. Da questo deriva il fatto che non esisterà mai uno schema uguale all’altro, e due persone diverse costruiranno sempre e comunque uno schema differente, che fonde in modo personale dettagli tecnici, parole chiave, grafica e disegno.

 

Sì, perché questi sono gli elementi costitutivi di uno schema: ci sono parole chiave ma non ci sono frasi, non è un riassunto; ci sono i dettagli tecnici, e quindi sequenze, formule, numeri, dati, i nomi specifici e tutti quegli elementi che vanno a corredare l’informazione e a renderla specifica; ci sono poi la grafica e il disegno, elementi che accompagnano l’aspetto visuale e verbale creando una struttura che abbia a che fare anche con ciò che vediamo e come lo vediamo, in una struttura gerarchica organizzata.

 

Ed è proprio questo il punto fondamentale: lo schema è personale, mette insieme tutti questi elementi non buttandoli sul foglio alla rinfusa, ma organizzandoli secondo criteri gerarchici. Ogni parola, ogni elemento tecnico, ogni grafica e ogni disegno ha il suo spazio all’interno dello schema, ed è uno spazio assegnato per un motivo specifico. Dobbiamo essere in grado di capire perché un certo elemento è stato messo in una posizione e non in un’altra, e che spazio occupa in relazione a tutti gli altri elementi.

 

Lo schema poi sintetizza il contenuto informativo: sintetizza e comprime, non taglia. Quello che facciamo costruendo uno schema è prendere tutto il contenuto informativo di quello che dobbiamo studiare e sapere, ed esprimerlo utilizzando meno parole possibile in uno spazio il più ridotto possibile all’interno della nostra rappresentazione.

 

E infine, lo schema è il punto finale di un lavoro sulle fonti: libro, appunti, sbobine e tutto quello che costituisce il nostro punto dipartenza da cui raccogliamo le informazioni viene raccolto, rielaborato e trasformato in un supporto definitivo, lo schema per l’appunto, che tiene insieme tutto quello che ci serve e rende obsolete le fonti precedenti.

 

 

A COSA SERVE UNO SCHEMA?

Ora che abbiamo capito che cosa sia uno schema, dobbiamo anche capire che funzioni abbia. Nello specifico, nell’ambito del metodo di studio e dell’apprendimento, lo schema ha 2 funzioni fondamentali.

 

La prima e più importante è quella di rielaborazione. La rielaborazione è il processo attraverso cui si trasformano le informazioni, e ci si trasforma noi stessi da contenitori a produttori di informazioni: le modifichiamo, aggiungiamo il nostro punto di vista e il nostro modo di ragionare, le sintetizziamo e separiamo ciò che è importante da ciò che non lo è.

Non solo, ma la rielaborazione tramite schema ci permette anche di sfruttare il principio del dual coding, ovvero l’idea di unire all’aspetto verbale quello visivo delle immagini, il che rende più solido l’apprendimento e più facile ricordare e processare quello che c’è scritto e i vari ragionamenti.

Naturalmente la forma di rielaborazione tramite lo schema non è l’unica, e, come dico sempre, si possono rielaborare le informazioni in molti altri modi, ma lo schema rimane quello più efficiente e rapido.

Lo schema è un andare oltre la semplice comprensione, perché consente di semplificare, organizzare e filtrare le proprie conoscenze e pensieri aggiungendo una propria visione, e facendolo con un rispetto del tempo che non ha paragoni.

 

Il secondo scopo della schematizzazione è la creazione di un supporto utile a tutte le fasi precedenti e successive del metodo di studio e al ripasso.

Lo schema aiuta non soltanto nel momento in cui lo si fa, che sicuramente resta il punto principale, ma anche in tutto quello che viene dopo.

Lo schema ad esempio semplifica il testing, perché permette di capire più facilmente su cosa applicare l’autovalutazione, che domande fare e quali esercizi svolgere, e può essere anche un supporto proprio nello svolgimento degli esercizi.

Uno schema aiuta nella fase di applicazione, testing ed esercizio, sintetizza le fonti portandoci ad avere un unico punto di raccolta di tutte le informazioni, diventando quindi prezioso per riprendere in mano gli argomenti anche a distanza di molto tempo. È poi utile tenere sotto mano uno schema per capire su cosa concentrarsi nella fase di memorizzazione, ma anche quando non ci ricordiamo qualcosa durante i ripassi programmati, perché ci permette di ritornare sulle informazioni e recuperarle molto rapidamente.

E allora ecco che oltre ad assisterci nella rielaborazione, lo schema ci aiuta anche a svolgere tutte le altre fasi del metodo di studio in modo rapido, efficace ed efficiente.

 

 

A COSA NON SERVE UNO SCHEMA?

Bene, ora che abbiamo capito a che cosa serve lo schema, focalizziamoci su tutto quello per cui non serve. È altrettanto importante analizzare questo per capire che ruolo possa avere lo schema e soprattutto se abbia senso all’interno del nostro percorso di studi.

Per prima cosa lo schema non serve a memorizzare. Certo, la schematizzazione e la rielaborazione possono essere un supporto al ricordo, ma la scienza in merito è chiarissima e noi sappiamo che lo schematizzare non è un atto di memorizzazione: se vogliamo ricordare qualcosa lo dobbiamo acquisire e poi testare.

È il testing, infatti, l’elemento che rende permanente un ricordo all’interno della nostra mente.

Ecco perché possiamo anche tenere il libro sottolineato aperto mentre costruiamo lo schema, non c’è bisogno di recuperare le informazioni dalla nostra mente.

 

Lo schema non solo non serve a memorizzare, ma non serve nemmeno a essere memorizzato. Questo è un aspetto fondamentale, perché ancora oggi nel 2021 mi tocca sentire cialtroni che suggeriscono di memorizzare lo schema, impararlo a memoria parola per parola, di fare mappe e poi memorizzarle… tutto questo è follia!

Andare a memorizzare parola per parola gli elementi che sono disposti su un foglio non equivale a essere preparati, e in più è un’operazione lunga, lenta e frustrante, che rischia di esporci a problemi quando in un esame o concorso ci viene posta una domanda diversa e non sappiamo rispondere perché siamo abituati a ripetere a memoria.

Quindi attenzione: lo schema non si memorizza e non aiuta a memorizzare! Aiuta invece a rielaborare e a creare un supporto utile per le altre fasi.

Infine lo schema non serve a passarselo in giro, lo abbiamo detto fin dall’inizio nella nostra definizione: deve essere personale, è una cosa che facciamo per noi e per nessun altro.

 

 

IL CONFRONTO CON ALTRE TECNICHE

Ma allora lo schema è meglio o peggio di altre tecniche di studio?

Devo dire che questo è un punto controverso che molte persone mi chiedono spesso: ha senso fare lo schema? Non è meglio fare qualcos’altro, come il testing?

Ecco, vedete, la funzione dello schema è molto diversa da quella delle altre fasi del metodo di studio, e per questo è imparagonabile.

È sbagliato pensare di paragonare lo schema a qualcos’altro, per esempio al testing, come si fa spesso.

Se si parametra soltanto alla memoria e alla memorizzazione, effettivamente lo schema non serve a molto, anzi quasi a niente. Certo, perché come abbiamo detto, il suo scopo non è farci memorizzare le informazioni… ma lo studio non è soltanto memorizzare, c’è ben di più!

Ecco quindi che se confrontiamo semplicemente uno a uno più tecniche, se scegliamo una coppia di metodi da confrontare l’uno con l’altro otteniamo risultati falsati, sbagliati.

Lo schema va confrontato con sé stesso, per capire se effettivamente aiuta a fare quello per cui viene usato, e non può essere confrontato con qualcosa per cui non è nato e per una funzione che non ha mai avuto.

Per passare esami, verifiche e interrogazioni con successo la cosa migliore è avere un metodo di studio completo, ma se devo scegliere una singola tecnica per ricordare meglio di certo non sarà lo schema, bensì il testing.

Ma il fatto stesso di scegliere una sola tecnica significa non aver capito come funziona il metodo di studio.

Sì, perché lo studio non è un’attività singola, ma un progetto complesso che mette insieme diverse fasi e diversi meccanismi di un ingranaggio molto complicato, e bisogna padroneggiare ognuna di queste fasi per ottenere un buon risultato.

Tra l’altro, a proposito di questo, di recente in un articolo sul metodo di studio “americano” ho parlato del perché confrontare le singole tecniche non sia una buona idea, andate a recuperarlo!

 

 

QUAL È LO SCHEMA PERFETTO?

Ma qual è lo schema perfetto? La risposta è… dipende.

Gli studi dimostrano chiaramente come non esista uno schema perfetto che sia il migliore, l’unico, quello definitivo che risolve tutti i problemi. No, non funziona così.

Ciò che conta è la rielaborazione, il dual coding, la sintesi.

Gli studi inoltre mostrano che la forma specifica che prende uno schema rispetto ad un altro non fa poi così tanto la differenza.

Certo, ci sono degli stili di schematizzazione, e quelli principali sono 3:

  • Schemi lineari, che sono la schematizzazione di base e vengono usati da millenni. Lo schema lineare, se vogliamo, è quello più simile allo schema “spontaneo” che viene naturalmente in mente allo studente quando ancora è a scuola. Si tratta di uno schema verticale in cui si elencano le varie informazioni disponendole da sinistra verso destra e dall’alto verso il basso.
  • Ci sono poi le famose mappe mentali inventate da Tony Buzan.
  • Il terzo stile principale sono le mappe concettuali con i blocchi e le frecce, congegnate dal mitico Joseph Novak.

 

Questi sono gli stili principali, ma esistono poi anche schemi complementari che si utilizzano in contesti specifici: si pensi alla linea del tempo, al diagramma di Ishikawa, alla nuvola di parole, alle tabelle,…

Ci sono poi mille personalizzazioni e fusioni, ma il punto fondamentale è che la tipologia di schema, qualunque essa sia, deve dipendere dall’argomento che stiamo studiando.

Quindi il mio consiglio è di scegliere lo schema in base a quello che stiamo studiando, ma anche sulla base del nostro gusto personale.

 

 

QUANDO SCHEMATIZZARE?

Ma quand’è quindi che si schematizza?

Beh, riprendiamo per un secondo il PACRAR, il metodo di studio che insegno nel mio corso completo Sistema ADC e che divulgo ormai da anni qui sul blog e sul mio canale YouTube.

 

PACRAR sta per: pianificazione, acquisizione, comprensione, rielaborazione, applicazione e ricordo, le 6 fasi che si devono attraversare affinché lo studio sia veramente eccellente.

Ecco che ci si accorge immediatamente che la fase di rielaborazione è quella centrale, e si colloca subito dopo le fasi di acquisizione e comprensione, ovvero subito dopo la lettura efficace e la presa degli appunti e appena prima del testing.

Quindi dopo aver letto il libro in modo efficace, aver individuato le parole chiave e aver ascoltato la lezione, andiamo a costruire lo schema prima di metterci alla prova con testing ed esercizi.

Come già dicevamo, in questa fase si può tranquillamente tenere il libro aperto davanti perché il punto non è la memorizzazione, e possiamo concentrarci sull’aspetto di approfondimento e rielaborazione.

L’importante è procedere non capitolo per capitolo, pagina per pagina o paragrafo per paragrafo, bensì argomento per argomento: quando si arriva ad avere sufficienti informazioni perché possano essere autonome e stare in piedi da sole, ecco che le si trasferisce all’interno dello schema.

Si può costruire uno schema a mano con carta e penna, o a computer o con un tablet.

Io nei miei corsi consiglio sempre di partire da carta e penna per farsi l’occhio e abituarsi, e poi eventualmente passare al digitale in un secondo momento.

 

Bene, adesso che tutto questo vi è più chiaro possiamo rispondere più semplicemente alla domanda: vale la pena schematizzare?

La risposta è , ma dobbiamo sapere perché lo stiamo facendo.

Vale la pena schematizzare perché rielaborare è importante, permette di avere una preparazione più solida e duratura e consente di creare un supporto che ci aiuterà in ogni fase dello studio e che velocizzerà e fluidificherà tutte le altre fasi di preparazione in vista della nostra scadenza.

Non vale invece la pena schematizzare se l’unica cosa che ci interessa è memorizzare… ecco, in questo caso ci sono tecniche migliori!

 

Ora che sapete tutto questo, se volete imparare a costruire degli schemi veramente impeccabili, ma soprattutto se volete vedere concretamente in azione qualcuno che schematizza e che vi spiega passaggio per passaggio tutto quello che c’è da fare, entrate in Sistema ADC, il mio corso completo di metodo di studio!

Potete anche optare per Conquistare il foglio, il modulo autonomo più piccolo, compatto e mirato, che si occupa solo ed esclusivamente della schematizzazione!

 


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