Come spiegare i SOCIAL con il SIGNORE DEGLI ANELLI
Il quinto giorno è arrivato.
Quando Nanto si dispera nel caos, Hokuto fa la sua comparsa.
Quando Gondor chiede aiuto, Rohan risponde.
Un aiuto viene sempre dato a Hogwarts a chi lo richiede.
Se Cap ha bisogno di uno scudo, gli viene dato uno scudo.
Ebbene sì. Questo periodo è, fortunatamente, complesso e pieno di impegni, e sono dovuto ricorrere alla mia arma segreta, il buon Dario. Un Dario eclettico, sconvolgentemente bravo, che merita assolutamente un aumento, che non sta assolutamente pilotando ciò che dico a suo vantaggio… ma cosa cavolo ha scritto in questo script?
Com’era già successo con l’articolo sul backseat gaming, che vi consiglio di recuperare se non l’avete già letto, questo articolo è il frutto di un profondo turbamento nell’anima di Dario e vuole spiegare, con notevole nerdaggine - a tema Signore degli Anelli - e impeccabile dialettica, un angolo di scienza del ventunesimo secolo.
Quale turbamento, dite? Beh, le storie di Instagram, Snapchat… quelli che in gergo vengono chiamati ephemeral media, ovvero i contenuti multimediali che scompaiono! In questo articolo parliamo di questi… e di felicità!
Snapchat, dicevamo… già. Perché io e Dario siamo boomer nell’animo, e certi meccanismi dei social network proprio non ci vanno giù. Siamo consapevoli dei meccanismi che regolano il marketing classico, l’influencer marketing, il “mercato dell’attenzione” e, in generale, il mondo di internet e dei social… ma le stories e i contenuti che scompaiono… ecco quelle ci fanno incazz-
Sarà che siamo vecchi dentro, ma un contenuto “usa e getta” è qualcosa che non abbiamo proprio nel DNA, quantomeno quando si parla di “bacheche” online.
Ricordo ancora una battuta fatta in un video, credo, della Old Gen (canale che riunisce Yotobi, Synergo, Redez, Sabaku e Fraws, creator che internet l’hanno surfato abbastanza, insomma) in cui si citava Snapchat come “il social che ha lasciato basita un’intera generazione”.
Ecco, Snapchat è stato il primo network a introdurre contenuti con una “data di scadenza”, capendo qualcosa che poi avrebbe cambiato il modo di concepire e ingegnerizzare i social network stessi.
Ma non acceleriamo troppo. Questo articolo partirà da alcuni concetti basilari sulla felicità per arrivare, il più verticalmente possibile, a spiegare come sia possibile che un influencer venga pagato migliaia di euro per un contenuto “usa e getta”. E per farlo, dato che sennò sarebbe troppo semplice, useremo metafore e similitudini direttamente dal mondo de Il Signore degli Anelli.
ERU E LA FELICITÀ
Tutti vogliamo la felicità. Un concetto informe, che sfuma tra la mancanza di preoccupazioni e la realizzazione delle proprie ambizioni. Ognuno nella propria vita arriva a scontrarsi con la propria idea di felicità, e certamente non è semplice incasellare uno stato psicologico così complesso in una formulazione univoca, ma…
Ma date alla scienza anni, anni, anni e anni, e alcuni degli studiosi più preparati al mondo… ed emergerà un pattern, uno schema.
Nel 1938 alcuni ricercatori di Harvard hanno avviato ”The Harvard Study of Adult Development”, parafrasando: “lo studio sulla crescita di un individuo di Harvard”, con l’obiettivo di trovare uno o più fattori predittivi di un invecchiamento sereno, felice e in salute.
Lo studio è ancora oggi in atto, classificandosi come uno degli esperimenti più longevi della scienza moderna, e dai primi due gruppi di studio, un’élite di studenti di Harvard e un gruppo di giovani disagiati del peggior quartiere di Boston, è stato ampliato nei decenni includendo mogli, figli, nipoti, pronipoti ecc…
I dati raccolti, dagli esami medici ai questionari, hanno rivelato dopo 80 anni un pattern incredibilmente stabile: le relazioni positive, le connessioni umane, così come il raggiungimento dei nostri obiettivi, ci fanno vivere più a lungo e più felicemente, mentre le relazioni tossiche, così come la solitudine, ci consumano e amplificano il dolore fisico e quello psicologico.
Sorprendente, no? Così come il fatto che l’insorgenza di patologie che affliggono la memoria sia inferiore in chi si circonda di affetti stabili. Quante volte l’abbiamo visto o detto, guardando i nostri genitori o i nostri nonni, che senza l’un l’altro sarebbero persi… Ecco, la scienza lo conferma!
Ma, data per assodata questa cornice scientifica, cominciamo con la nerdaggine e caliamoci nell’universo tolkieniano: Eru, o Ilùvatar, o il Signore per Sempre… Dio insomma, od Odino, ecco, è lì, che galleggia il mezzo al vuoto, e cosa decide di fare?
Crea gli Ainur, l’equivalente tolkieniano dei nostri angeli. Già, perché l’immortalità e l’onnipotenza sono noiose se non si possono condividere. Gli Ainur suonano le loro melodie, Melkor prova un assolo di chitarra elettrica e si becca qualche scappellotto, e quando Eru decide che è soddisfatto della jam session con i suoi nuovi figliocci e amici dice “bona, sia l’universo”.
Lo so, questo è un piccolo riassunto un po’ affrettato, ma è giusto per calarci nell’atmosfera. C’è questo tipo, da solo, fighissimo e potentissimo, che per invecchiare felice decide di creare dei compagni.
Dando forma alla melodia che gli Ainur hanno suonato, Eru crea il mondo degli uomini, e lascia che alcuni dei suoi amici scendano in terra e “facciano cose”. Qui in mezzo ci sono i Valar, Melkor che diventa Morgoth, nobili elfi che cavalcano verso Angband e azzoppano l’Oscuro Signore, e tanti bei personaggi. A noi interessa un Maiar in particolare, Mark Zuck- ah no, scusate, Sauron.
ANELLI MAGICI E SOCIAL NETWORK
Ecco, questo Maiar ha servito Morgoth - prima conosciuto come Melkor, l’angelo arrogantello che voleva fare un assolo, ricordate? - per moltissimo tempo. Ha imparato molto, ma tutto è distorto dalla visione un po’ dark-dittatoriale del suo maestro.
Quando Sauron decide di creare degli anelli magici per regalarli alle genti della Terra di Mezzo, quindi, qualcuno potrebbe chiedersi “Ma siamo sicuri sia una buona idea accettarli?”. Ma questo tizio, questo Maiar, è furbo, cambia nome in Annatar, si fa amici gli elfi della Silicon Valley e sbam, crea degli anelli magici che sono veramente, ma veramente fighi.
Ecco, peccato che gli anelli del potere non siano esattamente innocui, e che a uno schiocco di dita si pieghino ad un potere maggiore, che solo Sauron riesce a manipolare… l’unico anello.
Questo anello è talmente forte da controllare gli altri, e quando viene utilizzato piega la mente di chi lo indossa, rendendolo invisibile nel mondo fisico e trascinandolo, invece, in un caotico mondo nascosto.
Ironico, anche al di fuori della metafora, pensare che una volta forgiato l’unico anello nemmeno Sauron riuscirebbe a distruggerlo. Il suo artefatto è divenuto troppo potente, persino per lui.
Ecco, passo indietro. Usciamo dall’universo nerd e prendiamo le immagini che questo ci ha permesso di dipingere per spiegare un primo, fondamentale, passaggio.
L’universo di Ea, tra Eru, gli Ainur e quel simpaticone di Melkor simboleggiano, in questa enorme e sovra-complicata metafora, semplicemente Internet. Una creatura inevitabile e multiforme, nata dall’ingegno e dalla creatività, con potenzialità infinite che vengono in parte plasmate da chi la controlla e in parte si auto-regolano. Una creazione nata dalla bellezza, ma che nasconde una nota oscura di brama e arroganza.
Da tutto questo, con il giusto tempo e i giusti mezzi, nascono i social network, l’espressione inevitabile della ricerca di socialità umana, di connessioni, di felicità. Il mondo dei social si afferma, di fatto, con Facebook. Affianchiamo nella metafora il buon vecchio Mark a Sauron, anche se sono certo che le sue intenzioni fossero decisamente meno malevole… all’inizio.
Gli anelli del potere sono le interazioni a cui i social network ci hanno abituato. Ci sono i post, i mi piace, i non mi piace, le condivisioni, i commenti, le menzioni, …
Tutti questi piccoli “token” hanno un potere misurato, ingegnerizzato, meccanico e circolare. Lascio un like sotto la tua foto perché spero farai lo stesso. Commento la tua foto perché vorrei che tu mi rispondessi. Condivido il tuo post perché altri possano leggerlo e ricondividerlo a loro volta. Tutto ritorna al punto di partenza… hey, come un anello!
Ma se queste interazioni sembrano all’apparenza innocue, c’è un oscuro e serpeggiante potere, forgiato tra le fiamme del Monte Fato in California, che insidia il loro scopo. L’anello del potere, anche nel mondo dei social, ti trascina in un mondo parallelo.
Scompari dal mondo fisico, e tutto attorno a te il mondo si fa caotico e offuscato. Smetti apparentemente di invecchiare, ma ti consumi minuto dopo minuto. Gli abitanti del mondo reale non riescono a scorgerti, ma gli spettri di quel mondo ti percepiscono meglio di chiunque altro. Ogni istante lontano da quel mondo è pesante, e il desiderio di tornarvi sempre più pressante. Un’effimera illusione di realtà, un “qui e ora” eterno per domarli, trovarli, ghermirli, followarli nel buio... e incatenarli.
É questo il potere oscuro nascosto tra i tab del vostro browser, del vostro tablet, del vostro cellulare… è questo l’anello del potere dei social network. Un circolo vuoto, effimero, che sembra reale, ma non lo è, almeno in parte.
Piuttosto tetro, eh?
Torniamo a un tono più leggero, allora, ma ricordiamoci che sì, questo mondo sottile, questa tremenda esistenza oltre la soglia, è un pensiero costante per chi soccombe all’unico anello.
E voi, che state unendo i puntini nella vostra testa, vi starete dicendo: “Massì, che vuoi che sia se ogni tanto perdo cinque minuti sui reel di Instagram”. Sapete chi altro la pensava così? Gli Uomini delle Montagne, che avevano promesso di uscire per uno spritz a Isildur e invece SBAM, secoli di vita da fantasmi. E tutto per colpa di TikTok eh...
I NAZGUL E LA F.O.M.O.
1419, Terza Era, anni della Contea. Ormai Sauron non è più sulla bocca di tutti, e i problemi sembrano essere ben altri. Gli anelli dati ai re degli uomini li hanno trasformati in tetre ombre di sé stessi, Nazg-ul, gli spettri dell’anello. Il più terribile tra loro, il Re stregone di Angmar, li guida in una ricerca serrata per trovare Frodo e l’anello, che negli anni si era addormentato tra le mani e nelle tasche degli Hobbit.
C’è poi Gollum consumato dalla propria ossessione, Gandalf che guarda con tentazione e disprezzo l’artefatto, Aragorn che ascolta i suoi sussurri ma li allontana, e Boromir, che ne brama segretamente la forza.
2017, Canada. Il “Center for Collegiate Mental Health” ha individuato che le prime tre patologie che colpiscono gli studenti dei campus universitari nella fascia 18-24 anni (la più attiva sui social) sono ansia, depressione e stress cronico. 7 studenti su 10, in quegli stessi college, abbandonerebbero i social in uno schiocco di dita se non avessero il timore di venir dimenticati dalle proprie cerchie sociali.
L’informazione online ha generato troll e fake news, la condivisione si è trasformata in freebooting e cherry-picking, la libertà d’opinione è degenerata in cyberbullismo, i passatempi sono divenuti dipendenze. La ricerca delle connessioni, delle relazioni, della felicità, è divenuta “fear of missing out” (ci torniamo tra poco).
Secondo uno degli ultimi report, negli USA il 41% degli usufruitori dei social ha subito molestie e bullismo online. Tra questi, il 55% identifica come “molto rilevante” il problema che ha vissuto o sta vivendo.
L’economia dell’attenzione, che ha trasformato noi utenti e i nostri dati in uno dei mercati più redditizi di sempre, ci porta a sviluppare dipendenza dal mondo online, nutrendoci con feedback a base di dopamina e fantasie compensatorie che non sono né realistiche né utili.
In una frase che rubo a Bailey Parnell dal suo TedTalk intitolato i social stanno rovinando la tua salute mentale?” (vi lascio il link sotto):
“confrontiamo il nostro ‘dietro le quinte’ con una selezione dei momenti migliori degli altri”. Vediamo frammenti della loro vita e ci illudiamo che tutto debba essere così, e quando ci guardiamo attorno e notiamo che non è tutto feste, amici, viaggi, successi e divertimento… ci deprimiamo.
Secondo un recente studio dell’Università della California un terzo dei ragazzi che passano 3 ore o più sui social media sviluppa problemi psicologici. Chi li visita almeno 58 volte a settimana è 3 volte più probabile che sviluppi depressione e isolamento sociale rispetto a chi li visita meno di 9 volte a settimana.
Tra i Nazg-Ul, i servi supremi di Sauron, i portatori di quegli anelli che rappresentano le interazioni online distorte e rovinate, il peggiore è il Re Stregone di Angmar… l’anello della “fear of missing out” la paura di non esserci, di perdersi qualcosa. In un mondo iper-connesso e iper-rapido, perdersi il momento, quell’effimero “qui e ora” di una story o di un reel, può diventare inconcepibile.
É così che siamo diventati il mondo in cui ogni 60 secondi su Facebook vengono postati 317mila aggiornamenti di stato, 147mila foto e 54mila link. In cui le foto di Instagram che riprendono un volto ottengono il 38% di like in più. In cui il 37% del traffico mobile MONDIALE passa da YouTube. In cui Linkedin vede pubblicare ogni giorno 2 milioni di post, articoli o video. In cui il 90% degli utenti TikTok apre l’app almeno una volta al giorno e vi passa, di media, 52 minuti nel corso delle 24 ore. In cui il 78% degli utenti internet tra i 18 e i 24 anni utilizza Snapchat.
Un unico, anello… che rischia di diventare il tuo unico pensiero e trascinarti in un mondo che non è reale, o che lo è soltanto in parte.
Le connessioni e le relazioni sono la felicità, sono il modo per invecchiare felici e in salute, ma solo quando sono sane, reali e spontanee. Se non è così, le relazioni tossiche diventano solo un amplificatore del nostro dolore, ricordate?
IL MONTE FATO E GLI EPHEMERAL MEDIA
Ma torniamo alla Terra di Mezzo. Ci sono stati concili, elfi, tenebre e fiamme, eroi, orchetti e uruk-hai, fortezze, spettri, scale (tante scale), ragni, re e hobbit. Le forze del bene sono davanti al nero cancello o, addirittura, nella Sammath Naur, la camera di fuoco dove fu forgiato l’anello del potere e dove unicamente potrebbe essere distrutto. Che si fa, lo si butta?
Un certo documentario di Netflix, “The social dilemma” uscito nel 2020 vorrebbe suggerire di sì. L’anello del potere e i social sono il male assoluto. Quel male va distrutto o, quantomeno, consegnato nelle giuste mani…
La realtà è che il mondo dei social e gli ephemeral media, l’unico anello della nostra enorme metafora iper-nerd, hanno anche caratteristiche positive. Ricordate com’è partito il nostro discorso? Da me e Dario che non riusciamo a capacitarci di come una story possa avere un valore così concreto nel mercato digitale.
Partiamo con la risposta più diretta, che risponde alla nostra domanda con una semplicità disarmante: le stories vengono memorizzate più facilmente dal nostro cervello. In uno studio del 2019 dal nome “Effects on cognition of the burn after reading principle in ephemeral media applications”, è stato dimostrato come la consapevolezza che un media - in quel caso una foto - fosse destinato ad essere cancellato, lo facesse imprimere con più forza nella memoria di riconoscimento dei partecipanti. L’esclusività di quel contenuto, in quel determinato momento, porta gli individui a dargli un valore maggiore e, addirittura, a valutarlo con maggiore attenzione e per tempi mediamente più lunghi. Quindi sì, una story su Instagram vale, e vale parecchio nelle mani giuste!
Passando ad alcuni concetti più banali, ma che vanno sempre pur presi in considerazione quando si valuta il fenomeno, è anche bene ricordare che i social connettono le persone. Certo, in bilico su una china pericolosa che va osservata e misurata, ma non si può negare il valore di poter contattare amici e parenti quando, fino a cinquant’anni fa, si doveva sperare in una telefonata al momento giusto.
Abbiamo vissuto e stiamo vivendo un biennio terribile per la nostra salute mentale, sballottati tra una restrizione e l’altra con il dovere e la necessità di isolarci più o meno attentamente per il benessere comune. I casi di problematiche psicologiche tra i giovanissimi, in particolare, sembrano essere l’eredità peggiore che le nuove generazioni soffriranno da questa pandemia… e se non ci fossero stati i social? Se i ragazzi fossero stati chiusi in casa, limitati al computer dalla didattica a distanza, senza nessuna finestra sul mondo dei loro coetanei? Meglio non pensarci nemmeno.
Passiamo poi a un altro studio del 2015 intitolato “Sharing the small moments: ephemeral social interaction on Snapchat”, in cui si evidenzia come gli ephemeral media, cioè i media che scompaiono, smussino parzialmente i problemi di auto-rappresentazione e confronto online riportando la vita di tutti i giorni sul piatto della bilancia.
E citiamo i circoli di accettazione online, che permettono di trovare parentesi di persone con cui condividere hobby e passatempi difficili da coltivare nella propria realtà quotidiana (ma attenzione alle echo-chamber, in questi casi), l’accesso alle informazioni, magari in modo caotico, ma gratuito, la possibilità di dialogare con il mondo dei giovani attraverso gli influencer, e mille altri aspetti...
Anche se un video su YouTube non potrà mai nascondere o serbare la verità assoluta, insomma, possiamo contare sul fatto che la nostra realtà funziona spesso su un enorme compromesso sintetizzabile in: “la verità sta nel mezzo”. Riprendiamo un’ultima volta la metafora.
L’unico anello arriva nelle nostre vite. A perderlo è stato Gollum, colui che si è fatto governare dal potere dei social e si è perso in questi. In parte, se lo osservate con attenzione, potrebbe quasi assomigliare a uno di quei tanti cinquantenni sul web che chiede foto di piedi alle ragazze o commenta le loro foto disinibite con un “sei dolcissima”.
Nella compagnia dell’anello c’è Dario, un barbuto Gandalf che riconosce il potere dell’anello ma teme cosa potrebbe farne. Ci sono io, modestissimo e cazzutissimo Aragorn, che capisco quanto sia potente ma non mi faccio scalfire dalle sue lusinghe. C’è Boromir, simbolo universale dei boomer che non sanno minimamente come affrontare l’anello e incespicano goffamente online.
Ad averlo al collo è Frodo, accompagnato dal mastodontico Sam. Gli hobbit sono i giovani. Sono i più capaci di resistere al potere dell’anello, perché non ne bramano il potere. Devono riuscire a gestirlo, certo, e Frodo si passa un brutto quarto d’ora verso l’epilogo dell’avventura, ma possono sopportarlo meglio di chiunque altro.
La verità, osservando l’evolversi della storia e dei personaggi, è che tutto sembrerebbe piuttosto tetro e inevitabile, ma la compagnia dell’anello, in un modo o nell’altro, salva la Terra di mezzo. Quei vecchiardi maledetti di Maiar e Dúnedain non ce l’avrebbero mai fatta da soli, nella loro spavalda arroganza, così come i giovani Frodo e Sam sarebbero stati infilzati come spiedini ancor prima di partire per la loro avventura. Il segreto sta nella giusta misura e nella collaborazione tra chi riconosce le insidie dell’anello e chi, d’ora in poi, dovrà imparare a conviverci.
Si potrebbe quasi dire che la verità sta nel mezz’...uomo.
E quindi sì, i social network hanno un valore concreto e no, non distruggeranno il mondo. Mettere like alla foto di un vostro amico che sta bevendo un aperitivo in spiaggia non vi farà collassare nella disperazione… ma ricordatevi, ogni tanto, di mettere giù il cellulare e andare a bervi una pinta al Puledro Impennato!
BIBLIOGRAFIA E APPROFONDIMENTI:
► https://www.news.srl/statistiche-social-network-2020/
► https://www.youtube.com/watch?v=1mZAQC9djPE
► https://www.youtube.com/watch?v=Czg_9C7gw0o&ab_channel=TEDxTalks
► https://it.wikipedia.org/wiki/FOMO
► https://www.youtube.com/watch?v=8KkKuTCFvzI&ab_channel=TED
► https://www.pewresearch.org/internet/2021/01/13/the-state-of-online-harassment/
► https://www.hsph.harvard.edu/news/features/social-media-positive-mental-health/
► https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/0144929X.2019.1659853
► https://journals.sagepub.com/doi/full/10.1177/2056305119898776
► https://www.tandfonline.com/doi/abs/10.1080/1369118X.2015.1084349
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